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Konstantin Vekua – La dimensione Politica dell’Areopagitismo: analisi filosofico-politica sulle opere dello Pseudo-Dionigi Areopagita.

Posted: ივნისი 29, 2010 in Philosophy
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Sommario

Introduzione

Capitolo I: L’Areopagitismo

I. 1  Il pensiero areopagitico

I. 2 La questione dell’identità dello Pseudo-Dionigi

Capitolo II: La dimensione politica dell’Areopagitismo

Bibliografia


Introduzione
Duranqi (Dur-An-Qi), l’unione tra il cielo e la terra. Così gli antichi Sumeri chiamavano la grande città di Babilonia; e non solo: ogni grande città-stato dell’antico paese dei “Testanera” aveva la stessa definizione.

Cosa può voler dire questo?

Ancora una volta, è evidente come nel pensiero delle antiche civiltà l’ordine celeste e quello terrestre erano collegati l’uno all’altro molto prima che la cultura politica in senso moderno nascesse nella Grecia classica[1]. Anche la remota civiltà egiziana conobbe tale concetto dell’armonia cosmica con la simbologia della dea-Maat[2]. Infatti, per  l’uomo dell’antichità la realtà oggettiva rappresentava una grande unità e lui stesso era parte organica di questo ordine cosmico. In questo concetto risiedono le origini sacrali del cosmopolitismo.

Dopo 6 000 anni di storia, quando l’umanità sente ancora più fortemente la situazione critica della natura per il suo smisurato atteggiamento verso di essa e verso il prossimo, ci viene in mente quanto sana era la comprensione del cosmo nella percezione dell’uomo delle antiche civiltà sia nel senso spirituale, che in quello fisico.

Uno dei più grandi studiosi di Estetica, Aleksej Losev, definiva l’idea come tutto ciò che può essere detto su qualche oggetto[3]. L’importanza dell’idea può essere straordinario perché il procedimento positivo o negativo dell’attività dell’uomo maggiormente dipende da un’immagine sbagliata o chiara che uno ha su di essa (del saperlo, del vederlo)[4]. Con questo non intendiamo restaurare il passato, ma capire meglio e prendere in considerazione alcuni aspetti fondamentali, che mostrano di essere rilevanti ancora oggi.

L’idea di Stato come forma e struttura di origine divina nasce con le antiche civiltà orientali (Egitto, Sumer, India, Persia, la cui prosecuzione è stato il pensiero politico prima nel Pitagorismo e Platonismo e poi in quello del Neoplatonismo) quando lo stesso concetto della polis (il risultato delle azioni politiche e la dimensione dell’agire umano) lo abbiamo a partire dai sofisti: Protagora, Trasimaco, Crizia[5]; qui trae le sue origini la cultura politica contemporanea dell’Occidente.

Quando leggiamo i manuali o i libri della filosofia, pochi cenni sono fatti concretamente riguardo alla dimensione politica del neoplatonismo, o addirittura non se ne fa menzione e lo stesso vale per l’Areopagitismo.

Con questo lavoro si è cercato, quindi, di far questo presente e, nello stesso tempo, si è voluto dare un nostro modesto contributo all’area che ruota intorno all’Areopagitismo.

Lavorando sulla vasta bibliografia disponibile, abbiamo incontrato diversi argomenti concettuali che possono essere oggetto di uno studio autonomo. Seguendo una direzione precisa per arrivare fino al valore politico del pensiero Areopagitico, abbiamo dovuto generalizzare la grande quantità di materiali. A tale scopo, abbiamo riordinato tutto ciò dando una sequenza cronologica al quadro generale (costituzione dell’Areopagitica), non facilmente rintracciabile negli studi sul tema, completando con il materiale filologico e storico-filosofico delle ricerche degli studiosi della scuola areopagitica georgiana e dell’area post-sovietica, che sono meno conosciuti e meno accessibili in Europa Occidentale per motivi che illustreremo nelle pagine seguenti.

Capitolo I.

L’Areopagitismo

L’Areopagitismo, che trae le sue origini filosofiche dalle migliori tradizioni del pensiero dell’antichità, è uno dei più grandi sistemi teologici del mondo cristiano. Anche ai giorni nostri è d’importanza fondamentale la parte angelologica del Corpus Areopagiticum. A partire dal VI secolo,  insieme alle opere neoplatoniche, ha avuto una grossa influenza sia in Occidente (Europa Occidentale, Orientale), sia in Oriente (culture semitiche, movimento dei sufi).

Il Corpus Areopagitico è costituito dalle opere che sono pervenute fino a noi:

“Gerarchia celeste”

“Gerarchia ecclesiastica”

“Nomi divini”

“Teologia mistica”

“Lettere”

Non sono ancora stati trovati, invece, i testi delle altre opere, di cui fa cenno lo Pseudo-Dionigi Areopagita nei suoi scritti. Essi sono:

“Istituzioni teologiche”

“Teologia simbolica”

“Sull’anima”

“Sul giusto giudizio di Dio”

“Le cose intelligibili e le cose dei sensi”

e forse

“Inni divini”

“Le proprietà e gli ordini angelici”[6].

Le opere sopracitate sono state scritte nell’epoca dell’imperatore bizantino, Giustiniano I e, insieme con gli scritti di Sant’Agostino, hanno fortemente consentito alle idee platoniche di penetrare nella filosofia medievale, sebbene i trattati di Aristotele fossero meglio conosciuti in quest’epoca.

Sull’importanza che il Corpus Dionysianum ha avuto in Occidente può bastare l’esempio di Tommaso d’Aquino, che cita circa 2000 volte i testi pseudodionisiani nelle sue opere. La filosofia e la mistica dello Pseudo-Dionigi Areopagita ha affascinato e ispirato per secoli tali protagonisti del pensiero occidentale, come Scoto Eriugena, i Vittorini, Bernardo e la sua Scuola, Alberto Magno, Dante Alighieri, Bonaventura, Meister Eckhart, Taulero e Ruysbroeck, Gerson e Cusano, i mistici spagnoli fino a Giovanni della Croce, Bérulle e Fénelon[7].

I. 1Il Pensiero Areopagitico

Quando Frederick C. Copleston, nella sua celebre “Storia della Filosofia Medievale”, notava che l’areopagitismo rappresentava un serio problema per i sostenitori della divisione fra teologia e filosofia, aveva assolutamente ragione[8]. Infatti, ripensandoci, è inadeguato chiamarla teologia in senso stretto.

Nella storia ci sono stati duri scontri tra le fazioni estremiste del cristianesimo e del paganesimo, all’alba della nostra era dopo Cristo. In seguito ad essi abbiamo da una parte  il compendio d’importanza storica del pensiero antico, formato come Neoplatonismo[9] e dall’altra parte la grande teologia Cristiana dei secoli II-V (Giuliano, Clemente Alessandrino, Origene, Eusebio di Cesarea, Basilio, Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa, Girolamo, Agostino).

I principali protagonisti di entrambe le parti maturavano l’idea del superamento di questa crisi, che non raramente lasciava tragiche e sanguinose tracce nelle diverse località dell’impero romano di allora. Per questo c’era bisogno di riorganizzare il sistema di pensiero. Se, però,  i cristiani si mostrarono più aperti a questo problema, il paganesimo proseguì il suo cammino verso l’isolamento. Abbiamo l’ulteriore sviluppo della filosofia con Ammonio Sacca e Plotino, che furono i fondatori del Neoplatonismo, sebbene si considerassero i più rigorosi seguaci della scuola cui appartenevano, cioè l’Accademia dei platonici. Furono essi i primi elaboratori del sistema, dove misero d’accordo il pensiero di Platone con quello aristotelico, integrando la sfera intelligibile con la sfera sensibile. Secondo Porfirio, il discepolo di Plotino che ha continuato la strada del suo maestro, è esclusivamente la filosofia che può rispondere alle problematiche esistenziali dell’uomo e condurlo alla felicità suprema, all’unione con l’Uno. Gli ultimi grandi rappresentanti del movimento, Giamblico e Proclo, intuendo che la filosofia non può svolgere da sola questa funzione, la conciliano alla religione tradizionale (rappresentata dalla mitologia), la teurgia, la quale diventa il sistema più completo dell’antichità in Occidente.

Per i cristiani lo stesso percorso evolutivo si compie prima con Agostino e poi con lo Pseudo-Dionigi Areopagita, il cui Corpus Dionysianum rappresenta la riconciliazione del pensiero pagano con quello cristiano sulla base della Sacra Scrittura. E questo fu una svolta rivoluzionaria per l’intera area culturale del cristianesimo. Così, con la sua maggiore sensibilità per il pensiero del mondo antico, la religione ufficiale dell’impero riuscì a fare ciò che il paganesimo mobilizzato non è riuscito a realizzare, anche se aveva tentato di riprendere la struttura istituzionale della chiesa cristiana. La ragione di questo successo ideologico, intellettuale e spirituale del Cristianesimo sta nel fatto che essa ha intravisto nella filosofia greca i germi della verità, che derivavano dallo stesso Logos, incarnato da Maria Vergine. Per molti secoli questo si dimostrava dai nessi tra l’areopagitismo e la filosofia pagana, che sono stati trovati da diversi studiosi delle opere di Pseudo-Dionigi; e questi legami fanno apparire più chiaramente le relazioni culturali di questi due mondi, interconnessi tra di loro. Per questo motivo, è difficile avere un’immagine chiara e capire il mondo areopagitico, se non ci si rivolge anche al sistema del pensiero neoplatonico. Bisogna considerare che questa connessione è stata così forte, che per tanto tempo gli studiosi identificavano Ieroteo, maestro del Pseudo-Areopagita, con Proclo. Secondo la tradizione (Eusebio di Cesarea, Origene, Plotino, Porfirio), Ammonio Sacca, lo stesso precursore della filosofia religiosa pagana e la guida della scuola platonica ad Alessandria, all’inizio fu il cristiano che alla fine della sua vita abbracciò il paganesimo.

Interi concetti pagani sono stati rielaborati alla luce cristiana da Pseudo-Dionigi. Il concetto dell’Uno, del ritorno all’Uno, dell’ordine gerarchico dell’universo basato sulla demonologia pagana, il metodo apofatico (teologia negativa) e catafatico (teologia affermativa) per raggiungere il supremo Bene, ecc.

Ovviamente, l’originalità dell’Areopagitismo sta nel fatto che con esso abbiamo il superamento di alcuni problemi filosofici, che il neoplatonismo non ha potuto realizzare. Per esempio, l’inserimento della supernaturalità nel metodo catafatico sul mistero di Dio, dove il Perfetto non si conosce con i nomi divini (che è la sfera dell’essere e dell’intelligenza), ma essendo al di la’ di questi limiti, è più grande e ineffabile. La causalità della gerarchia nel pensiero di Pseudo-Dionigi, la quale è la decisione libera di Dio, che non elimina la libertà delle creature intelligenti, ma, viceversa, dota le stesse creature di piena autonomia per raggiungere la perfezione, che consiste nell’unione alla Causa di tutte le cose proprio attraverso la loro libertà, sapienza e operazione, cioè attraverso l’henosis[10].
E’ importante che nell’Areopagitismo sia stata superata la triade procliana anche nel senso della causalità di Dio per tutte le cose, perchè se da Plotino abbiamo l’inizio della riforma nella struttura gerarchica dell’universo (il declassare della Diade di Platone al secondo grado dopo l’Uno e così come al Nous si dà la funzione generatrice delle idee), con Proclo questa riordinazione si completa con la teologia pagana dell’Uno, del Nous e dell’Anima. Invece, nel Cristianesimo, con Agostino prima e con Pseudo-Dionigi poi, si ha l’unificazione di questa triade nella Santa Trinità.

S’intravedono così i paralleli per la trascendenza dell’Uno (neoplatonismo) e di Dio triadico (Areopagitismo), che è la Causa principale della realtà e con lo Pseudo-Dionigi abbiamo la coesistenza armonica della trascendenza di Dio verso il molteplice e della Sua immanenza nell’essere creato. E nonostante che si dia la precedenza alla teologia apofatica rispetto alla teologia catafatica nell’attribuire i nomi divini a Dio, Lui “è senza nome, se considerato nella sua trascendenza, ed ha tutti i nomi, se considerato negli esseri, che derivano da Lui”[11].

Sono interessanti le divergenze e le interrelazioni gerarchiche e esistenziali dell’essere sia tra l’uomo e il mondo angelico, sia tra gli angeli e il Dio Creatore. Per esempio, se l’uomo è un soggetto legato al mondo sensibile e alla materia, l’infinità dell’essere degli angeli, anche se liberi da essa e dalla dimensione spazio-temporale, si differenziano essenzialmente dall’infinità divina (“ch’è assoluta, stabile ed universale nella Sua unità”)[12].

Invece, la distinzione tra la gerarchia celeste e quella ecclesiastica è di carattere sapienziale, operativa e dell’ordine e posizione verso il Dio.

Lo stesso essere, universo creato è diviso in 5 gerarchie:

1. degli angeli;

2. dell’uomo;

3. degli animali;

4. delle piante;

5. degli esseri inanimati

dove tutti gli esseri partecipano all’esistenza dell’universo, ma la Vita comprende gli esseri viventi e la Sapienza appartiene solo agli esseri dotati di ragione e di intelligenza.

E’ di cruciale importanza il problema del male. Secondo i neoplatonici esso non è la causa dell’esistenza dualistica dell’universo e così non ha l’esistenza indipendente, ma rappresenta la mancanza di luce, dell’essere. Questo concetto fu ripreso dallo Pseudo-Dionigi inserendolo nel contesto estetico con il Bello, Bene, Luce, Buono, Vero, Armonia, dove al contrario della mancanza di luce, il Bene “superiore a ogni luce è chiamato anche Luce intellettuale in quanto effusione esuberante che illumina con la sua pienezza ogni intelligenza che vive sopra il mondo, nel mondo e attorno al mondo”. Il Bene, in relazione alla Bellezza e alla luce,
“è celebrato dai sacri autori anche come Bellezza che non si può separare dalla causa che comprende tutti gli esseri (…) essa è causa dell’armonia e dello splendore di tutte le cose come la Luce”[13].

Le problematiche di questi argomenti furono ripresi più tardi da Scoto Eriugena, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, Bonaventura, Roberto il Grossatesta (dal punto di vista scientifico).

Significativa è l’idea storica di salvezza dell’uomo nel corpus areopagitico, quando si differenziano due tappe di questo lungo percorso: la gerarchia legale (che non ha le dimensioni solo del Vecchio Testamento, ma è anche la condizione interiore dell’uomo stesso) e la gerarchia ecclesiastica, connessi tra loro e divisi con la venuta e l’incarnazione di Cristo. Alla fine, come per ogni individuo, si raggiunge la redenzione con la vita mirata all’unione con Dio, idea assai antica, che può essere ritrovata, con le sue diverse variazioni, in Oriente (Buddhismo) e nei misteri dell’antichità.

Riassumendo, si può affermare che l’Areopagitismo è stato la più grande introduzione e rielaborazione del sistema neoplatonico (che da parte sua è stata la sintesi ben riuscita delle migliori tradizioni di pensiero nell’antichità) nella versione cristiana all’inizio del Medioevo.

I. 2 – La questione dell’identità dello Pseudo-Dionigi

Uno dei principali problemi dell’Areopagitismo è il mistero sull’identità dell’autore del Corpus Areopagiticum.

Gli studi degli ultimi decenni rivelano che le prime citazioni del Corpus Dionysiacum appartengono al periodo dell’imperatore Giustiniano I. Il primo a citarlo era il patriarca di Antiochia, Severo (il periodo fra 518-528)[14] e poi, poco prima della Conferenza di Costantinopoli, Innocenzo, vescovo di Maronia[15]. L’importanza degli scritti di Pseudo-Dionigi in Occidente crebbe sempre più grazie agli approfondimenti e agli studi che hanno avuto luogo in diversi incontri storici: il sinodo Laterano nel 649, III concilio di Costantinopoli nel 680-681, II concilio di Nicea nel 787. Per questo furono molto significative le prime traduzioni di Ilduino, di Giovanni Scoto Eriugena e le influenze dell’Areopagitismo su Massimo il Confessore. Ciò contribuiva alla loro divulgazione da parte dei rappresentanti istituzionali della Chiesa; diversi papi, come Gregorio Magno, Martino, Paolo I e Adriano,  stabilirono che l’autore del Corpus fosse primo padre della cristianità.

Nonostante i dubbi, emersi all’inizio del medioevo sullo Pseudo-Dionigi, per lungo tempo dominava l’idea, che egli fosse il discepolo convertito da S. Paolo, primo vescovo di Atene. Questo parere trova qualche spazio ed i suoi sostenitori ancor’oggi.

Il primo che ha messo in dubbio l’autenticità degli scritti dello Pseudo-Dionigi, fu il vescovo di Efeso Ipazio, che durante l’incontro di Costantinopoli nel 532 contrastò gli eretici monofisiti severiani, i quali menzionavano le opere dell’Areopagita per difendere la loro dottrina. La parte che appoggiava la dottrina calcedone giustamente chiedeva per quale motivo l’autore così antico e importante non fosse stato studiato per così tanto tempo e la ragione per cui le sue opere non erano mai state citate dagli importanti teologi cristiani, come Atanasio e Cirillo di Alessandria, vissuti prima dell’incontro storico nella capitale dell’impero[16]. A partire da allora, crebbe il numero di dotti che “non mostrarono di credere nell’appartenenza del Corpus all’età apostolica”[17]. E’ importante sottolineare che nei secoli VII-IX le grandi autorità della Chiesa, come Massimo il Confessore e i patriarchi di Costantinopoli, Germano I e Fozio I, hanno dimostrato il carattere diofisita delle opere areopagitiche. Da questo momento in poi, tali opere sono diventate le basi solide del intero mondo cristiano[18].

Sebbene nel periodo rinascimentale i grandi umanisti, come Lorenzo Valla ed Erasmo da Rotterdam, nei loro commenti sul Nuovo Testamento non hanno potuto identificare il vero autore del Corpus, hanno evidenziato, in modo assai esplicito, che il discepolo di S. Paolo e l’autore del Corpus erano persone diverse e che Dionigi “filosofo” e Dionigi “giudice” non potevano essere le stesse persone. Ma prima di loro, il merito della differenziazione va attribuito all’eminente filosofo e teologo francese, Pietro Abelardo (allora monaco benedettino nell’Abbazia di Saint-Denis), che nel 1121 circa, facendo ricerche sul patrone locale e nazionale, ha scoperto tre diversi Dionigi, di cui uno era discepolo di S. Paolo, e il secondo primo vescovo di Parigi, martirizzato nel III secolo. Gli esiti della ricerca furono scandalosi sia per l’epoca, sia per l’Abbazia. Infatti, con la pressione da parte dei monaci corrotti a Saint Denis, questo fu uno dei motivi per cui Abelardo abbandonò il posto molto presto[19].

Tutto questo fraintendimento è stato creato dall’opera di Ilduino, il quale, su richiesta dell’imperatore Luigi I, detto il Pio, scrisse la biografia di San Dionigi, vescovo di Parigi, dove confuse questo santo con il discepolo di S. Paolo, attribuendogli gli scritti di Pseudo-Dionigi Areopagita. Per gettare più luce su tale questione sono molto importanti le opere degli antichi scrittori nell’area cristiana Orientale, dove i metafrasti bizantini e georgiani non ripetono questo errore. Infatti, nelle traduzioni biografiche su questo santo (dei IX-XI secoli), egli è rappresentato come il giudice di Atene e discepolo di San Paolo. Nessuna informazione sulla sua missione in Gallia, nonostante si conoscesse il martire Dionigi di Parigi, primo vescovo di questa città[20]. Fatto sta che l’abate di Saint-Denis, a differenza di Giovanni Scoto Eriugena, non conosceva bene il greco e basandosi sull’esemplare greco, regalatogli dall’imperatore bizantino alla corte franca, commise fatali errori sull’identità dello Pseudo-Dionigi.

Dopo gli studi rinascimentali di grande rilievo per la datazione delle opere areopagitiche ci furono le ricerche parallele di due scienziati dell’Ottocento: H. Koch e J. Stiglmayr[21] i quali, approfondendo i trattati neoplatonici, hanno evidenziato i collegamenti molto forti tra il pensiero neoplatonico e l’universo dionisiano e soprattutto il legame tra gli scritti di Proclo, l’ultimo diadoco dell’Accademia ad Atene e lo Pseudo-Dionigi. Queste somiglianze sono state accertate con il confronto di terminologie, citazioni e con la presenza di dettagli comuni, che possiamo incontrare nelle loro opere (De div. nom. II,9. III,2.). Tutto ciò rinforza l’idea sul legame filosofico-teurgico fra l’autore del Corpus ed il suo maestro Ieroteo, il quale, secondo la deduzione di Salvatore Lilla, con ogni probabilità fu pseudonimo di Proclo[22].

Nel XX secolo abbiamo in Occidente un’intensa continuità negli studi areopagitici. In Europa Occidentale studiosi come J. Stiglmayr, U. Riedinger, R. Roques, E. Honigmann, David Marshall Lang, H. D. Saffrey, M. van Esbroeck, e in Europa Orientale gli scienziati celebri delle scuole bizantinistiche ed Areopagitiche come N. Marr, A. Losev, V. Lossky, Sh. Nutsubidze, K. Kekelidze, I. Lolashvili, D. Sumbadze, hanno rielaborato diverse considerazioni sull’identità dell’autore del Corpus Dionysiaco (oppure hanno fatto studi teologici molto importanti sul suo pensiero), dei quali la maggior parte si unisce attorno alle due posizioni:

1. Pseudo-Dionigi era un monaco, oppure un pagano di origine siriaca, convertitosi al Cristianesimo, che ha ricevuto la sua educazione nell’Accademia di Atene presso Proclo Diadoco. Infatti, gli studi Neoplatonici rivelano che la scuola platonica era frequentata da numerosi studenti siriani. Sull’eventuale autore del Corpus si hanno diverse biografie del VIII secolo, scritti nella lingua siriaca e pervenuti fino ai giorni nostri. Nelle ricerche di I. M. Hanssens vediamo che uno dei fattori a favore di questa tesi potrebbe essere la rapida diffusione delle opere teologiche dell’Areopagita nella cerchia siriana costruita attorno al grande teologo[23] .

2. Pseudo-Dionigi era un principe georgiano, erede del trono d’Iberia Murvanos, figlio di Busmar (seconda un’altra tradizione storica, basatasi sui fonti agiografiche ed innografiche più recenti, sarebbe invece figlio del re Varaz-Bakur)[24], che dopo essersi fatto monaco, diventò famoso per la sua attività culturale, organizzativa e monastica in Siria-Palestina ed Egitto, per la diffusione del cristianesimo come Pietro l’Iberico[25].

Per gli studi areopagitici gli anni del periodo di ex-URSS furono assai dannosi perchè l’influenza di carattere politico-culturale della censura metteva sotto pressione anche gli esiti delle ricerche nelle regioni di storia antichissima. Durante la sfrenata politica ideologica del Cremlino, che si proponeva di rafforzare il dominio del popolo russo sugli altri popoli dell’impero bolscevico, per il potere politico centrale non era conveniente far emergere il passato delle nazioni con le civiltà remote. Questo avrebbe potuto spezzare il monopolio ideologico e culturale di Mosca. Per tale motivo non raramente si sospendevano gli scavi archeologici, si rastrellavano, torturavano e perseguitavano i migliori rappresentanti dell’intellighenzia. Purtroppo, spesso lo stato bloccava gli scambi scientifici negli studi tra gli scienziati dell’Europa occidentale e orientale tramite simili repressioni. Alla fine ciò rallentava lo sviluppo delle ricerche. Per esempio, quando nel 1952 a Lovanio E. Honigmann presentò la sua teoria e le sue indagini filosofico-filologiche sull’identità dello Pseudo-Dionigi, lo stesso lavoro fu fatto ancora prima di lui già nel 1942 in Georgia dal noto filosofo, storico e traduttore georgiano Shalva Nutsubidze. E’ molto importante notare che questi risultati furono raggiunti indipendentemente uno dall’altro[26].

Soffermiamoci ora sulla teoria di Nutsubidze-Honigmann, aggiungendo le particolarità delle ricerche storico-filologiche della scuola areopagitica georgiana (e non solo), che sono meno conosciute per le suddette cause. Le considerazioni dello studioso georgiano (Sh. Nutsubidze) e belga (E. Honigmann) hanno suscitato diverse reazioni nel campo. La Georgia non è stata un’eccezione. I principali protagonisti furono gli storici e filologi che si basavano sul ricco archivio dei manoscritti originali medioevali o delle versioni tradotte. L’importanza di questi scritti spesso è rilevante, perchè contengono i dettagli e materiali dei libri distrutti durante i secoli dagli eventi storici, oppure di quelli non ancora ritrovati. Per esempio, per gli studi sull’identità dello Pseudo-Dionigi sono significativi la redazione siriaca della vita del famoso monaco san Pietro l’Iberico[27], scritto alla fine del V secolo da Zaccaria il rettore, lo stesso Zaccaria Scolastico, laico divenuto vescovo di Mitilene in tarda età, dopo la morte del santo, e la redazione georgiana della stessa opera. Nell’analisi filologica di questi manoscritti si rivela che sono stati due Zaccaria diversi, autori delle diverse redazioni sulla vita di Pietro l’Iberico. Nonostane le divergenze nelle considerazioni, su questo argomento cruciale hanno fatto gli studi i dotti come K. Krumbacher, A. Kugener, St. Sikorski, A. Baumstark, O. Bardenhewer, Hans-Georgi Beck, E. Schwartz[28], K. Kekelidze, Sh. Nutsubidze, E. Honigmann, M. van Esbroeck e I. Lolashvili. E’ stato evidenziato che il secondo Zaccaria, oppure l’anonimo autore della vita di Pietro l’Iberico, discepolo di quest’ultimo (a differenza dallo Zaccaria rettore), era di origine georgiana ed era coattore della vita monastica in terra santa dello Pseudo-Dionigi. Ciò si constata dal manoscritto del XIII secolo, dove la redazione georgiana fu fatta dal Macario Meskhi. E’ probabile che il redattore conoscesse anche il testo di Zaccaria Scolastico. L’originale di questo lavoro era scritto in greco, ma è considerato perduto[29].

Secondo la teoria Nutsubidze-Honigmann lo Pseudo-Dionigi fu un grande santo e asceta della vita monastica in terra santa nel V secolo. Ancora fanciullo ed erede del trono del Regno di Iberia cominciò a ricevere la migliore educazione del suo tempo. Proprio per questo, alla corte è stato invitato un uomo di grande cultura, Mitridate Lazi (lo stesso Giovanni eunuco, Giovanni Lazi, che si pensa sia l’Ieroteo, così lodato nei trattati areopagitiche) dalla famosa Accademia di Phazisi (vicino a Poti, l’odierna città portuale della Georgia). Per la tensione fra le potenze di allora, Bisanzio e la Persia, e per dimostrare la sua fedeltà a Costantinopoli, il re di Iberia fu costretto a mandare suo figlio, insieme al maestro, alla corte dell’ imperatore Teodosio II come ostaggio politico, dove quest’ultimo accolse il piccolo Murvanos come se fosse il suo figlio. Così il principe continuava a studiare e a crescere nella capitale dell’impero bizantino.

Nei suoi studi M. van Esbroeck mostra come l’imperatrice, moglie di Teodosio II, Eudocia (nata Atenaide) ebbe notevole influenza sul giovane principe. Lei stessa proveniva dalla tipica famiglia tradizionale greca e aveva studiato ad Atene. Noi pensiamo che proprio questo fu il legame, dove il giovane Murvanos poteva conoscere direttamente, o indirettamente, l’attività accademica di Proclo Diadoco, ma il contatto con la tradizione neoplatonica l’avrebbe potuto ricevere ancora prima, a casa sua, dal maestro Giovanni Lazi, un eminente rappresentante dell’Accademia di Phazisi, dove ha studiato insieme a suo padre il greco Temistio, noto esegeta aristotelico e alto funzionario dell’impero bizantino nel IV secolo. La protezione da parte dell’imperatrice continuò ancora per tanti anni spostandosi in Terra Santa.

Via via che mutava la situazione politica dentro la corte di Costantinopoli, il principe non era visto di buon occhio e pare che lo volessero uccidere. Egli, con il suo maestro, si recò in fuga per la Palestina, dove diventarono monaci e qui Murvanos ricevette il nome di Pietro. Le minacce non cessavano, perciò Pietro fu costretto a nascondersi, o a trasferirsi temporaneamente ad Alessandria, dove ha guadagnato una grande fama tra gli asceti egiziani ed era considerato come una delle guide della vita monastica del suo tempo nel Medio Oriente cristiano.

Per la cultura georgiana questo personaggio è importantissimo, come fondatore dei monasteri iberici nella Terra Santa.
Morì nel 491 ed è stato sepolto nel monastero a Jerusalemme, da lui costruito, accanto alla tomba del suo maestro Giovanni Lazi.
Nella teoria di Nutsubidze-Honigmann si presume che lo Pseudo-Dionigi Areopagita sia proprio questo santo.[30]


Capitolo II.

La dimensione politica dell’Areopagitismo

Dopo aver presentato un quadro generale introduttivo dell’Areopagitismo, cerchiamo di fare un’analisi di alcuni elementi e concetti del pensiero dello Pseudo-Dionigi dal punto di vista della filosofia politica.

Se la concezione della politica e dello Stato per tutto il periodo antico e medievale si basava sugli archetipi della natura in senso lato (non solo nel senso “materiale” della parola), a partire dalla modernità tutto ciò cambiò e diventa non più come la rappresentazione dell’ordine naturale, ma come il risultato dell’attività umana, un “programma artificiale”[31] basato sul contrattualismo.

Come abbiamo accennato nell’introduzione, le basi del cosmopolitismo hanno fondamenti sacrali e crediamo abbiano origine nel bacino del mediterraneo presso le civiltà arcaiche pre-greche. Dopo l’invasione dei popoli dorici e i “secoli bui”, nell’antica Grecia ciò cominciò ad affermarsi nelle società elleniche come polis, città-stato. Più tardi, con Platone e Aristotele vediamo che in particolare il concetto di polis rappresentava il modello dell’ordine naturale: “la nostra legislazione era conforme alla natura”[32]. Come è noto, questa posizione ha dominato il pensiero Occidentale per tanti secoli fino alla rivoluzione “positivistica” nel campo della teoria politica iniziata prima con Dante (“Monarchia”) e in seguito con Machiavelli.

Dalla prospettiva cosmopolitica possiamo proseguire con le origini della struttura dell’universo Areopagitico, dove l’essere creato è visto come una città, una polis. Già il grande precursore non-cristiano della teologia cristiana, Filone di Alessandria, nella sua opera “De Opificio Mundi” continua la tradizione platonica e afferma che la creazione dell’universo (l’essere neoplatonico e dionisiano), è l’esito dei pensieri e della volontà di Dio, dove il Creatore è raffigurato come architetto della città[33]. In seguito, con la sistematizzazione del Neoplatonismo si forma una dimensione politica in senso teologico-filosofico, che include le sfere e le gerarchie intelligibili e sensibili. Infatti, con l’influenza del pensiero dei padri cappadoci, Agostino, Pseudo-Dionigi l’eco di questo paradigma si incontra per tutto l’alto Medioevo. Per esempio, abbiamo un’importante particolare che ci mostra la rilevanza di questo concetto; nella cultura bizantina e georgiana, spesso si usava questo titolo nelle opere agiografiche: “La vita e la cittadinanza…” (“ცხოვრებაჲ და მოქალაქეობაჲ”). Invece, l’intestazione delle opere agiografiche nell’Europa Occidentale e nella tradizione slava aveva una diversa dicitura: “La vita e gli atti”, “Vita Procli” “The life of…”, “Das Leben Severus von Antiochien”, “жизнь и деяния…”, ecc. In questo contesto era in voga che alla personalità del santo venissero attribuiti gli aggettivi, come “l’uomo del cielo ed angelo della terra”[34], “cittadino del cielo” (cioè del regno di Dio). Queste sono le basi concettuali di origine pagana la cui massima esposizione ordinata, completa e trasformata nella luce cristiana, è il pensiero Areopagitico.

Riassumendo quanto detto, con l’essere Areopagitico abbiamo una politeia universale, dove il Creatore, la Santa Trinità, l’Uno e il Bene ineffabile è a capo dell’esistenza e dove l’universo è costituito dalle due gerarchie celeste ed ecclesiastica. Con ciò si mostra un sistema di carattere esplicitamente monarchico. Basandosi su questi fondamenti naturali, l’Areopagitismo ha avuto un’enorme influenza sulla formazione istituzionale del potere politico sia per il papato, sia per  gli imperatori (l’Impero di Bisanzio, Sacro Romano Impero, l’impero dello Zar), sia per le varie monarchie nel Medioevo cristiano. Già nel XI secolo, con la riunificazione della Georgia si rafforza il potere centrale del re, che sempre più tende a diventare assolutistico, ma non fino al livello estremo, come nell’Impero di Bisanzio, dove l’imperatore, sebbene il suo potere si basasse sul concetto di regalità fortemente areopagitica[35] poteva interferire con la vita della Chiesa o come nel Papato. Il Cesaropapismo era estraneo per la realtà politica nella storia della Georgia. Il titolo di re includeva in sé la specificità del princeps, cioè era primus inter pares e con questo era in rapporto stretto anche giuridicamente con il suo popolo; l’intera struttura della regalità georgiana era rielaborata dal concetto Neoplatonico ed Areopagitico dell’Uno, dove il monarca non era uno e primo con il potere a sé stante,  ma era necessariamente collegato ai suoi sudditi. Quindi era non solo il signore, ma anche il padrone, il “buon padre”. Ciò si rivela anche nel poema immortale di Shota Rustaveli “Il Cavaliere nella Pelle di Pantera”

“ვარდთა და ნეხვთა ვინათგან მზე სწორად მოეფინების”[36]

dove il calore e la luce del sole parimenti si distribuiscono sia sulle rose che sui rifiuti. Il parallelo è chiaro: “La giustizia divina è realmente la vera giustizia, in quanto dona le cose proprie secondo la dignità di ciascuno degli esseri e conserva ciascuna natura nel suo posto e nella sua potenza”[37]. Con questa definizione poetica si esplicita che nonostante l’accrescere del potere regale in Georgia, esso non è diventato assolutistico, ma è giunto a tale condizione e, essendo la monarchia gerarchica, aveva già quelle caratteristiche che Nicola Cusano elaborò tre secoli dopo (di ciò si parlerà più avanti). Così la suddetta trasformazione ideologica e culturale ha condizionato la vita della società e del popolo georgiano, ha contribuito a maturare i ritmi dello sviluppo del paese e a giungere fino al rinascimento georgiano[38]. Già nel XI secolo la Georgia è entrata nell’ultima fase del feudalismo, che nel 1184 comportò la rivolta di Kutlu-Arslan, richiedendo di fondare “karavi” (la casa della riunione). Questi furono i primi segni del parlamentarismo medievale, antecedenti di quasi mezzo secolo alla Magna Carta del 1215. Purtroppo, questa evoluzione fu fermata dall’invasione del popolo dei Mongoli, assolutamente diverso dai georgiani sia per mentalità che per cultura, e sul paese per più di un secolo scese un periodo oscuro e difficile.

Abbiamo visto la situazione dell’influenza areopagitica in Europa Orientale. Essa non fu meno intensa in Europa Occidentale, dove di essa hanno fortemente usufruito le istituzioni del Papato e dell’Imperatore per stabilire il loro potere politico nella lotta per la supremazia. Culmine di questa lotta non solo ideologica fu il concilio di Basilea nel 1432-1449, dove Giovanni da Torquemada, il Difenensor Fidei della fazione papale, contrastando il pensiero politico dei conciliaristi basatosi su Aristotele, “richiama in luoghi decisivi” il pensiero dello Pseudo-Dionigi e “sviluppa il principio gerarchico con energica coerenza, parimenti esercitata nel pensiero giuridico”[39].

Contemporanei di questo scontro sono gli studi di un illustre filosofo tedesco, Nicola Cusano, che tentava di accordare la posizione tra i papisti e i conciliaristi. Profondo conoscitore del Corpus Areopagiticum, Cusano cerca di dare un sistema rappresentativo-gerarchico, criticando la supremazia assoluta ed autocratica del Papa e istituzionalmente cercando di diminuire il divario istituzionale tra quest’ultimo e la gerarchia sottostante. Secondo lui, il concilio stava sopra il Papa e, per questo motivo, era una “democratizzazione” verticale della gerarchia ecclesiastica:

“Cusano lega le idee gerarchiche del neoplatonismo cristiano alle dottrine del consenso e della rappresentanza tipiche della teoria della corporazione in modo tale da considerare la struttura gerarchica a gradi non come dipendente dal vertice unitario che solo comunica tutto l’essere e che in una partecipazione progressivamente mediata all’unità diventa più ampio e nello stesso tempo più particolare e più debole; piuttosto egli considera la struttura a gradi come poggiante sulla base e la vicinanza alla verità e la forza di rappresentazione dei gradi superiori come determinante dall’ampiezza e dall’intensità del consenso che ne è il portatore. Si tratta di una efficace ripresa rovesciata della gerarchia pseudo-dionisiana”[40]

Crediamo che le idee eclettiche areopagitiche (soprattutto sulla giustizia, sulla pace, sulle questioni etiche riguardo alla henosis, e via dicendo), situate tra la grande tradizione Neoplatonica e patristica dei primi secoli dopo Cristo, possono ancora essere attuali dopo la fioritura negli studi etici della filosofia politica degli anni 60-70 del XX secolo (L. Strauss, H. Arendt, J. Rawls, J. Habermas).

Sarebbe insufficiente sostenere che l’Areopagitismo rappresenti il proseguimento della tradizione dell’antichità, dove l’uomo si sentiva parte integrale del cosmo (cosmopolita). Da un lato, avendo forti legami con l’eclettico pensiero del Neoplatonismo, dimostrava di includere i migliori traguardi; da un’altra parte, raffigurava il primo sistema teologico più sistematico e più completo di tutto il Medioevo.


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[1] La Storia, Vol. 2, La Grecia e il Mondo Ellenistico, De Agostini, Novara, 2004, p. 396

[2] Frankfort Henri, La Religione dell’Antico Egitto, Torino, Bollati Boringhieri, 1991, p.p. 126-142

[3] A. Losev, “About Georgian Neoplatonism”, Dignity of Nation, 2001, 4 december, N° 4 (2), p. 4

[4] “The trouble with society a sit exists is, that appetitive and passionate men, who confuse opinion with knowledge, are at this helm”. Dictionary of the History of Ideas, Vol. II, Charles Scribner’s Sons, New York, 1973-74. P. 544

[5] La Storia, Vol. 2, La Grecia e…, p.p. 390-397

[6] Dionigi Areopagita, Tutte le opere, Rusconi, 1997, p. 53

[7] Dionigi l’Areopagita, Una Strada a Dio, Jaca Book, Milano, 1989, p. 9

[8] Copleston Frederick C., A History of Medieval Philosophy, Methuen&CoLTD, 1972, p. 65

[9] Il termine “Neoplatonismo” nasce con le ricerche e traduzione degli “Enneadi” di Plotino dallo studioso inglese, Thomas Taylor http://en.wikipedia.org/wiki/Neoplatonist#_note-0

[10] Dionigi Areopagita, Tutte le opere, p. 40

[11] Ibid, p. 33

[12] Renè Roques, L’universo Dionisiano, Vita e Pensiero, Milano, 1996, p. 162-167

[13] Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, L’estetica medievale, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 90

[14] http://en.wikipedia.org/wiki/Pseudo-Dionysius_the_Areopagite

[15] Dionigi Areopagita, Una strada a Dio, p. 12

[16] Dionigi Areopagita, Tutte le opere, p. 9

[17] Salvatore Lilla, Dionigi l’Areopagita e il platonismo cristiano, Brescia, Morcelliana, 2005, p. 159

[18] ივანე ლოლაშვილი, არეოპაგიტიკის პრობლემები, “მეცნიერება”, თბ, 1972, გვ. 40 /I. Lolashvili, Le Questioni Areopagitiche, “La Scienza”, Tbilisi, 1972, p.40

[19] “Around 1121, Pierre Abélard, a Benedictine monk at Saint Denis Basilica, turned his attention to the story of their patron saint, and disentangled the three different Dionysiuses. The monks were offended at the apparent demotionm of Saint Denis, and Abélard did not remain long at Saint Denis”.

http://en.wikipedia.org/wiki/Pseudo-Dionysius_the_Areopagite

[20] ივანე ლოლაშვილი, არეოპაგიტიკის პრობლემები, გვ. 16 /I. Lolashvili-Le Questioni Areopagitiche, p.16

[21] Lilla, Dionigi l’Areopagita…, pp. 159-160

[22] Ibid, p. 162

[23] I. M. Hanssens, De patria pseudo-Dionysii Areopagitae, “Ephemenides Liturgiae”, II, Paris, 1994, p. 729, in Salvatore Lilla, Dionigi l’Areopagita…, pp. 161-162

[24] La prima versione proviene da Leonti, vescovo di Mrovi (X secolo), Juansher (XI secolo), Vakhushti Bagrationi (un importante storico e cartografo georgiano del XVIII secolo), e dalla redazione georgiana di “Vita di Pietro l’Iberico”. Invece la seconda  dalla redazione siriaca della “Vita di Pietro l’Iberico” e dagli scritti nel monastero georgiano a Betlemme in Palestina. გ. წერეთელი-უძველესი ქართული წარწერები პალესტინიდან, თბ, 1960, გვ. 10-35 /G. Tsereteli-Gli antichi scritti georgiani dalla Palestina, Tb, 1960, pp. 10-35 in I. Lolashvili-Le Questioni Areopagitiche… p. 155

[25] J. Stiglmayr, O. Bardenhewer, R. Raabe, G. Krüger, K. Ahrens, Ed. Schwartz, E. Boularand, B. Altaner, U. Riedinger sostengono la versione siriaca sull’identità di Dionigi Pseudo-Areopagita; Sh. Nutsubidze, E. Honigmann, K. Kekelidze, M. van Esbroeck, D. Sumbadze sostengono l’origine georgiana dell’autore del Corpus.

[26] Ш. Нуцубидзе, Тайна Псевдо-Дионисия Ареопагита, Tb, 1942 (in russo) / Sh. Nutsubidze, Il mistero dello Pseudo-Dionigi Areopagita, Tb, 1942.  Ernest Honigmann. Piere l’iberian et les écrits du Pseudo-Denys l’Areopagite, Bruxelles, 1952 (dopo 3 anni, nel 1955 fu tradotto in Georgia anche in russo Э. Хонигман, Петр Ивер и Сочинения Пс.-Дионисия Ареопагита, თსუ შრ. ტ. 59, 1955, gv. 19-69 / TSU Works, Vol. 59, 1955, pp. 19-69). Qui si vede che per le cause sopradette le scuole degli studi areopagitiche e bizantinistiche conoscevano meglio le novità nelle ricerche nel campo dell’Europa occidentale, che viceversa.

[27] lo Pseudo-Dionigi secondo la teoria Nutsubidze-Honigmann

[28] ივანე ლოლაშვილი, არეოპაგიტიკის პრობლემები, გვ. 106 /I. Lolashvili, Le Questioni Areopagitiche, p.106

[29] Invece, prima di trovare questa divergenza tra i due Zaccaria differenti, K. Kekelidze e poi D. M. Lang pensavano, che la redazione fosse fatta direttamente dalla traduzione siriaca della “Vita di Pietro l’Iberico”, la quale, da parte sua, era pensata come un testo tradotto dal greco. ივანე ლოლაშვილი, არეოპაგიტიკის პრობლემები, გვ. 111 /I. Lolashvili-Le Questioni Areopagitiche, p. 111

[30] Shalva Nutsubidze, Mistery of Pseudo-Dionys Areopagit, Tbilisi, 1942 (In Georgian, summary in English)

[31] Nicola Abbagnano, Dizionario di Filosofia, UTET, Torino, 1998, p. 832

[32] Platone, La Repubblica, V, 456C, Editori Laterza, 2003, p. 315

[33] Lilla, Dionigi l’Areopagita… p. 18

[34] ქართული მწერლობა, ტ. I, “ნაკადული”, თბილისი, 1987, გვ. 526 / La letteratura georgiana, Vol. I, “Nakaduli”, Tbilisi, 1987, p. 526. Così Giorgi Merchule descrive il grande personaggio georgiano, Grigol da Khanzta nella sua biografia su questo santo. Sono stati soggetti di queste definizioni diversi protagonisti della vita monastica e culturale della Georgia e della cristianità, come il Simeone asceta, Giovanni da Monte Athos, il monaco Gabriele, Shio di Mgvime, ecc.

[35] “The Empire was thought to be patterned after the hierarchy of heaven, the Emperor placed at the apex of the political and the ecclesiastical structure as the icon or image of Good on Earth”. Dictionary of the History of Ideas, p. 440

[36] შოთა რუსთაველი, “ვეფხისტყაოსანი”, ლაშარი, თბილისი, 1991, გვ. 16 / Shota Rustaveli, “Il Cavaliere nella Pelle di Pantera”, Lashari, Tbilisi, 1991, p. 16

[37] Dionigi Areopagita, Una strada…, p. 27

[38] კონსტანტინე ვეკუა, საქართველოს საზოგადოებრივ-პოლიტიკური განვითარება XI საუკუნესა და XII საუკუნის დასაწყისში, 1999, გვ. 5 (Konstantin Vekua, Lo sviluppo socio-politico della Georgia nel XI e all’inizio del XII secc, 1999, p. 5)

[39] Dieter Martins, Il Pensiero Politico Medievale, Mulino, 1999, p. 120

[40] Ibid, p. 124